UNA QUESTIONE DI FAMIGLIA – Chris Offutt

Che Chris Offutt provasse una certa simpatia se non proprio devozione per Cesare Pavese, lo sapevamo già, e l’esergo del nuovo romanzo con la citazione delle Langhe piemontesi nelle quali lo scrittore di Lexington ritrova le colline del Kentucky e gli Appalachi che fanno da sfondo alle sue storie, ce lo conferma. Una Questione di Famiglia, in Italia con minimum fax e la traduzione di Roberto Serrai, secondo capitolo della serie che vede protagonista l’agente speciale Mick Hardin, è un noir, ma la vicenda delittuosa ( l’assassinio di un pusher “Barney del cazzo”, liquidato con troppa fretta dalla polizia come un regolamento di conti) non è che un tratto della narrazione, e forse neppure il più importante rispetto al quadro generale, cioè alla rappresentazione (affresco si diceva una volta) di un’America di provincia che nei romanzi di Offutt, come in altri autori della stessa pasta, da Kent Haruf a Lee Maynard, da Ron Rash a Willy Vlautin, viene fuori con una certa vividezza “… l’umanità diventava sempre più vecchia. La bellezza della natura serviva a nasconderne l’intrinseca brutalità, le persone invece la mettevano a nudo”. La flora e la fauna, non solo quella umana, sono decisamente il centro della poetica di Offutt, la parte migliore che finisce per sovrastare ogni intreccio investigativo o ricamo poliziesco. Contadini, ex minatori, gente semplice talvolta omofoba e razzista, che arriva a chiamare lo sceriffo perché il proprio cane è finito su un albero, e che alle visite di condoglianze si presenta con un’insalata di patate. Il piccolo mondo antico di Offutt, popolato di pick-up scassati e di camicie di flanella, è l’America che ci piace di più, anche perché ormai è l’unica America riconoscibile. 

Dopo essere rimasto ferito a una gamba per l’esplosione di un ordigno, Mick Hardin è tornato a casa in licenza. Della sua famiglia è rimasto ben poco, Mick non ha più i genitori, ha perso il nonno, suo vero spirito guida, ed è sul punto di divorziare dalla moglie Peggy. A ospitarlo è la sorella Linda, sindaco della cittadina, ora impegnata nella campagna elettorale per essere rieletta al secondo mandato. La crisi esistenziale di Mick è il pattern intorno al quale ruota tutta la storia, anzi la serie: il ragazzo di paese che parte, scopre la ferocia della guerra, poi torna a casa e si ritrova a fare i conti con una sorte diversa da quella che aveva immaginato. Quando la madre di Barney gli chiede di aiutarla a scoprire la verità sulla morte del figlio, Mick, che avrebbe ben altro a cui pensare, decide lo stesso di darle una mano, correndo ogni rischio, quasi non avesse più niente da perdere. L’imminente divorzio da Peggy lo tormenta, certo, le carte che ha nel bagagliaio però non le ha ancora firmate. “Vai a trovarla. Non voglio più fare da intermediaria” gli dice Linda. Mick lo farà nell’ultime battute del romanzo “Gli faceva male sapere che la vita di lei era migliore di quando avevano vissuto insieme” e non servirà il corteggiamento strisciante di Sandra, una vecchia conoscente “Se trovi la luce accesa in veranda, sono sveglia” a cancellare quel dolore continuo, implacabile, l’amarezza per aver fallito nel ruolo di marito e di padre, importantissimo se non decisivo nel microcosmo rurale di Chris Offutt. D’accordo, ma si verrà a sapere chi lo ha ucciso quel Barney del cazzo? Si verrà a sapere, ma davvero vi importa? 

Angelo Cennamo

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