RICORDARE PASOLINI

PASOLINI Ritratto

La notte tra l’uno e il due novembre del 1975, all’idroscalo di Ostia, veniva ucciso in circostanze tuttora poco chiare Pier Paolo Pasolini. Di quel giorno conservo un vago ricordo  fatto di immagini frammentate, in bianco e nero. Le prime che i telegiornali della rai, gli unici del tempo, mandarono in onda non appena si diffuse la notizia. Il fango, le pozzanghere, le baracche di quel luogo così povero, desolato, rendevano bene l’idea dello squallore e della tragicità dell’evento annunciato. Ma anche il contesto dove Pasolini aveva collocato, ambientato tutta la sua parabola di uomo e di narratore: la periferia. Avevo 7 anni e di quell’uomo dal volto scavato e dai grossi occhiali scuri, ucciso con una brutalità spaventosa e oscena,  non ne sapevo nulla. Sicché scoprii la sua esistenza – l’esistenza del poeta Pasolini – proprio mentre il telegiornale annunciava la sua morte. A distanza di tanti anni da quella notte, l’Italia piegata dal malaffare, dalla corruzione, precipitata nel peggiore degrado culturale e politico dai tempi del fascismo, riesce sorprendentemente a trovare un guizzo, un piccolo sussulto di dignità per ricordare la sua figura nei giorni dell’anniversario del delitto, e riaffermare il senso, il valore della sua opera a beneficio delle nuove generazioni.

Rileggevo le prime pagine di “Ragazzi di vita” e riflettevo su quanto la vicende personali di Pasolini: l’omosessualità, i vizi e i processi collegati in parte anche a quel vissuto così scandaloso e trasgressivo, abbiano finito per sovrastare la bellezza e l’unicità della sua produzione letteraria e cinematografica, relegandola ad una ingenerosa collocazione di nicchia. Non mi sorprende che sia potuto accadere in un Paese bigotto, ipocrita, provinciale come il nostro, dove perfino la cultura diventa motivo di scontro politico o, se preferite, tifo da stadio, tra destra e sinistra. Figurarsi negli anni settanta. Ma perché dopo tutto questo tempo dovremmo ricordare Pier Paolo Pasolini? E qual è il valore dell’eredità che ci ha lasciato? Una risposta a questa domanda possiamo trovarla negli “Scritti corsari”, la raccolta degli editoriali che lo scrittore eretico pubblicò sul Corriere di Piero Ottone. A cominciare dal più noto “Io so”. E’ l’eterna attualità delle sue opere la ragione per la quale ci piace ricordare Pasolini. L’immutata freschezza delle analisi sociologiche, oltre la profondità, la poesia e la modernità dei suoi romanzi e dei suoi film. Pasolini ci manca moltissimo. Ci manca la ferocia e il coraggio delle sue invettive. Ci manca l’anticonformismo con il quale combatteva l’omologazione e l’appiattimento della cultura di massa. La stessa che per tutto questo tempo lo ha collocato ed archiviato nel reparto imperioso degli intellettuali di sinistra. Lui che negli scontri di Valle Giulia difese i poliziotti figli di contadini contro gli studenti “proletari” figli di papà. E che storceva il naso di fronte a capelloni e cantanti beat. Non ha fatto in tempo, Pasolini, a completare la sua mutazione genetica da integralista di sinistra ad eretico reazionario, nel solco di un’altra grande scrittrice e giornalista del suo tempo: Oriana Fallaci. Resta però il ricordo e la traccia indelebile di un artista intorno al quale questo Paese così sgangherato, alla disperata ricerca di simboli e di modelli positivi, fa bene a stringersi per ritrovare un’identità forte, consapevole, e per salvarsi da una regressione che sembra non arrestarsi  mai.

Angelo Cennamo

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3 risposte a "RICORDARE PASOLINI"

  1. Ho da subito distinto (e d’istinto) il Pasolini pubblico dal Pasolini privato. I suoi scritti mi hanno regalato una nuova apertura su una società in evoluzione, e mi è piaciuto molto leggerli. La sua morte non la giudico: mi dispiace come ogni morte violenta, ma privata, oso dire consequenziale alle sue scelte di vita privata. Per ciò non m’interessa e trovo inutili nuove indagini di magistratura e polizia. Mi resta un ottimo scrittore e un autore di bei film. Di un intellettuale che non morirà mai.

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  2. Avatar di Elisa Toscano Elisa Toscano ha detto:

    Se un liceale si diploma senza aver conosciuto Pasolini poeta, scrittore, giornalista, critico, saggista e, soprattutto, Uomo, possiamo chiudere tutte le scuole e dichiararci sconfitti per sempre.

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