Se vi capitasse di passare per Racalmuto, piccolo centro nella provincia di Agrigento, sul marciapiede del corso principale notereste una statua di bronzo che riproduce un uomo nell’atto di camminare. Tra le dita di una mano ha una sigaretta, l’altra mano è infilata nella tasca dei pantaloni, in un atteggiamento che in vita forse gli era abituale. Quell’uomo è Leonardo Sciascia. Lui, Verga, Pirandello, Brancati, Tomasi di Lampedusa, Bufalino, più recentemente Camilleri: avete mai riflettuto sul contributo che la Sicilia ha dato alla letteratura italiana? Sciascia, che ricordiamo soprattutto per romanzi come Il giorno della civetta e Todo Modo, ha incarnato, in particolare, la voce critica del siciliano dissidente, eretico rispetto ad una società assuefatta sia al male che al professionismo dell’antimafia. La sua testimonianza, unica, sempre attuale, che ha fatto di lui uno dei migliori autori italiani della seconda metà del ‘900, la ritroviamo in svariati saggi, racconti ed editoriali scritti sul Corriere della sera fino a pochi giorni prima della morte, avvenuta a Palermo il 20 novembre del 1989. Nel 1966 Sciascia pubblica A Ciascuno il suo. Il romanzo è ambientato in un paesino qualunque della Sicilia, ma come accade solo ai grandi protagonisti della narrativa, quel microcosmo anonimo di poche migliaia di anime, attraverso la penna di Sciascia diventa uno spicchio di mondo nel quale ognuno può ritrovare la propria identità. Racconta il tuo villaggio e racconterai il mondo, diceva Tolstoj. Ricordate la Macondo di Garcia Marquez o la fortezza nel deserto dei Tartari di Buzzati o la cittadina di Holt nella trilogia della pianura di Kent Haruf o il Maine di Elizabeth Strout? Ecco, la Sicilia di Sciascia è solo un espediente geografico per raccontare l’eterna lotta tra il bene e il male, i drammi e le commedie di un’umanità variopinta, spesso indecifrabile. La storia ha inizio con una lettera anonima ricevuta dal farmacista Manno, ritrovato qualche giorno dopo morto ammazzato in una battuta di caccia insieme ad un suo amico, il dott. Roscio. Il duplice omicidio immediatamente scatena una ridda di voci e di sospetti che però sembrano escludere il vero movente e il reale bersaglio del delitto. Cosa avrà fatto di male il farmacista cacciatore che viveva tranquillo, non aveva mai avuto questioni e non faceva politica? Ma poi: siamo sicuri che l’assassino volesse colpire proprio lui e non invece il suo compagno di sventura? Il professor Laurana, uomo di lettere e investigatore per diletto, è convinto di aver risolto l’intricato caso. Ma Laurana era un cretino…..
Angelo Cennamo
La Sicilia, culla della nostra lingua, terra aspra e focosa, ha tra i suoi figli autori che sanno interpretarla e narrarcela, a seconda del loro tempo, in diverse sfumature. Oltre i già nominati, nella bella recensione di “A ciascuno il suo”, Sciascia racconta la più attuale, una Sicilia misteriosa, di parole non dette, di sguardi che dicono e non dicono, di “ammazzatine” irrisolte. In effetti ogni scrittore italiano ci parla del suo pezzetto di terra: che sarebbe Napoli senza Eduardo, Pratolini e la Toscana, Moravia e Roma. La Deledda ci avvolge nell’intenso profumo di mirto e di ginepro, Vigata senza Camilleri e Montalbano non avrebbe il sapore degli “arancini” e del pesce appena pescato.., Sciascia è da leggere, e confesso che il mio preferito è “Il giorno della civetta”. Ma “A ciascuno il suo”.
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