Di Federica Fantozzi molti di voi avranno letto Il Logista e Il Meticcio, gli ultimi due romanzi seriali che hanno come protagonista Amalia Pinter, la cronista d’assalto all’occorrenza poliziotta che indaga su delitti e traffici illeciti tra Roma e resto del mondo. Sono storie avvincenti e ben scritte che attraverso la trama criminale offrono al lettore uno spaccato ad ampio spettro e credibile della società contemporanea, italiana e non solo. Romanzi sociali e d’avventura più che classici noir. Per gentile concessione dell’autrice – ho ritrovato Federica in una mia recente trasferta romana; come promesso, Federica ha portato con sé i suoi primi due libri – ho letto Caccia a Emy, romanzo uscito nel 2000, quasi vent’anni prima che Federica si dedicasse alla fortunata serie di Amalia Pinter, e ne sono rimasto folgorato. Intanto per la qualità della scrittura, che già al debutto mi è parsa matura come quella di una romanziera veterana. Poi per l’atmosfera, nordica e “cetacea”, a metà strada tra Melville e Vollmann, autori che amo sia pure per ragioni diverse. Oltre a questo, ho ricevuto una conferma rispetto ad una precedente intuizione: Federica è – lo era già vent’anni prima – una scrittrice cosmopolita, non legata cioè a una matrice o radice territoriale, le sua è letteratura italiana ma solo per motivi anagrafici.
Caccia a Emy è un giallo ambientalista. Mi ha ricordato un po’ Strong Motion di Jonathan Franzen, il romanzo che il golden boy della narrativa americana scrisse prima de Le Correzioni, nel 1992. Franzen racconta una vicenda di strani terremoti generati dal pompaggio di rifiuti tossici nel sottosuolo. Nel libro di Federica Fantozzi il sottosuolo è il fondale marino del Circolo Polare Artico. Nelle acque gelide del mare di Norvegia una misteriosa baleniera sperona la Misty Rider, ammiraglia della Earth Pride, un’organizzazione ambientalista che somiglia molto a Green Peace. Sulle conseguenze di quella violenta battaglia navale indaga una tenace avvocata newyorchese, Maddie Cornwell, l’embrione di un personaggio che vent’anni più tardi avrebbe preso le sembianze di Amalia Pinter. Maddie è giovane ma ha un curriculum di tutto rispetto: si è laureata ad Harvard e lavora in un grosso studio legale della sua città. Per Maddie, quella di Oslo non è soltanto una delicata tappa professionale ma anche il provvido rifugio da una vita noiosa e poco stimolante, nonostante il denaro e le fulgide prospettive di carriera lasciate in patria. Maddie ci appare come una donna in fuga, da se stessa e da un amore ormai logoro. L’aria della Norvegia le farà bene? Il caso che l’attende non è di facile soluzione, anzi. Cosa e chi si nasconde dietro quella nave pirata? A “smuovere le acque” con Maddie ci sarà Courtney, un’attivista australiana, anche lei in fuga, alla ricerca di una nuova dimensione. Tra le due nascerà un’amicizia forte, borderline, un’intesa che si spingerà oltre l’indagine. Ormai è evidente: la vita di Maddie sta andando incontro a una catarsi. La storia intanto scorre fluida tra fiordi norvegesi e misteriose macchinazioni, è una sporca faccenda, si rischia l’incidente diplomatico, ma non si può tornare indietro. In tutto questo non vi ho ancora detto chi è Emy e cosa ruota intorno alla sua caccia. Emy è una balena di Brill, un esemplare pregiatissimo perché possiede una gamma di suoni più vasta di quella delle altre specie. E’ il linguaggio delle balene la traccia da seguire, il bene prezioso al centro di un progetto denominato Sirena che potrebbe aprire le porte a una scoperta rivoluzionaria. Leggere di Courtney che, tra scienza e fiaba, dialoga con Emy, è come nuotare nella poesia. Pagine dense di bellezza e di suggestioni nelle quali ho ritrovato i “sussurri” naturalistici di Richard Powers e la salsedine de Il vecchio e il mare di Hemingway. Dei tre libri che ho letto di Federica Fantozzi, questo è quello che mi ha impressionato di più. Potente, avventuroso, romantico, di ampio respiro. Cara Federica, questo romanzo andrebbe rimesso in circolo. Pensaci. Dieci e lode.
Angelo Cennamo